Via Filodrammatici prima di Mediobanca

[Si descrive per sommi capi il contenuto del volume di Gabriele Coltorti, Via Filodrammatici prima di Mediobanca, Milano, Scalpendi Editore, 2015, 276p.]

 

Il quartiere della Scala e il palazzo Visconti Ajmi dall’antico regime all’età contemporanea

Gabriele Coltorti

Tra il Medioevo e l’Età Moderna il quartiere della Scala assunse un ruolo importante nella complessa rete della vita comunitaria milanese. In questo percorso di ricerca l’autore ha preso in esame due associazioni attive nella contrada di S. Damiano alla Scala: la confraternita di S. Maurizio e la confraternita di S. Giuseppe. Tali istituzioni svolsero la loro attività in antico regime nella chiesa di S. Lorenzino in Torriggia. Il tempio, oggi distrutto, era situato nella contrada di S. Damiano alla Scala. 

Il periodo teresiano e giuseppino segnò una cesura rispetto al vecchio ordinamento per ceti su cui era incardinato il sistema di governo del ducato di Milano. Modificò a vantaggio delle istituzioni dell’assolutismo illuminato quell’equilibrio conflittuale tra enti ecclesiastici ed enti secolari che era stato un tratto distintivo della società di antico regime tra il XVI e il XVII secolo. Tale mutamento segnò una progressiva estensione dell’amministrazione statale asburgica con effetti visibili nella stessa urbanistica cittadina. Per tornare al tema specifico, nel quartiere della Scala si procedette alla demolizione e alla chiusura di un numero significativo di chiese, conventi e monasteri; del tutto indicativa in proposito la soppressione della confraternita di S. Giuseppe avvenuta nel 1786: alla demanializzazione di S. Lorenzino seguì l’acquisto della chiesa da parte del marchese Antonio Visconti Ajmi, che la demolì pochi anni dopo per costruire una nuova ala del suo palazzo.

Nel più ampio quadro delle modifiche urbanistiche furono costruiti edifici simbolo di una Milano laica, i cui eleganti palazzi neoclassici costituivano lo specchio di una società in rapido cambiamento. Si pensi agli immobili destinati a funzioni di socializzazione come il Teatro alla Scala o il Teatro Re. Questa nuova identità del quartiere si affermò ancor più nel periodo napoleonico e nel corso dell’Ottocento, quando nell’antica corsia del Giardino e nelle vie adiacenti si stabilì un’intraprendente borghesia di banchieri e negozianti. A confermare tale vocazione economica si aggiungeva Palazzo Marino, sede tra la fine del Settecento e la prima metà dell’Ottocento degli uffici amministrativi della finanza.

In questo processo di lungo periodo, che vide il quartiere della Scala mutare la sua identità da sede del potere politico a city del potere economico e finanziario, si inserisce la storia del palazzo di Mediobanca che occupa larga parte del percorso di ricerca. L’immobile era diviso anticamente in più sedimi: questi furono acquistati a più riprese dal patrizio milanese Giuseppe Archinto, che li unì alla fine del XVI secolo per farne una casa da nobile. Passata alla famiglia Riva, la “casa al Lorenzino” fu teatro di un celebre caso di uxoricidio risalente al 1657: il colonnello Filippo Leyzaldi uccise la moglie Giustina Riva quando scoprì che la donna lo aveva tradito commettendo adulterio. L’autore si sofferma su questa vicenda nel capitolo quinto prendendo in esame le arringhe degli avvocati difensori del colonnello Leyzaldi.

La casa passò negli anni Settanta del XVII secolo ai Visconti di Brignano, che condussero gli interventi di rifabbrica più incisivi, finalizzati a rendere l’edificio un palazzo nobiliare, residenza di una famiglia influente del patriziato milanese. Protagonisti di tali interventi furono i fratelli Pirro e Annibale Visconti, due personalità di notevole spicco nel quadro delle istituzioni politiche e militari del ducato di Milano tra il dominio spagnolo e quello austriaco.

A fine Settecento il nipote di Annibale, Antonio Visconti Ajmi ‘senior’, ingrandì ulteriormente l’immobile: l’opera più importante fu in proposito il già ricordato acquisto dell’oratorio di S. Lorenzino in Torriggia. Tali interventi fecero del palazzo in contrada di S. Damiano alla Scala (poi via Filodrammatici) una delle residenze più notabili della Milano teresiana e giuseppina, degna di stare sullo stesso piano di edifici quali palazzo Clerici nella via omonima, palazzo Litta Visconti Arese in corso di Porta Vercellina, palazzo Pertusati alla Crocetta di Porta Romana, palazzo Serbelloni in corso di Porta Orientale o ancora palazzo Archinto in via Olmetto.  Varrà la pena ricordare che Antonio Visconti Ajmi ‘senior’ acquisì una certa notorietà nella Milano degli anni Novanta per aver difeso gli antichi privilegi del patriziato contro i piani di riforma amministrativa dell’assolutismo giuseppino.

Le ingenti proprietà dei Visconti Ajmi passarono nel periodo cisalpino al fratello Alfonso, che rivestì un ruolo importante negli anni della Repubblica e del Regno d’Italia napoleonico come esponente di una nobiltà moderata, disposta a collaborare con i nuovi governanti.

Sotto i figli di Alfonso il palazzo Visconti Ajmi visse pienamente la stagione risorgimentale: se Antonio ‘junior’ incarnò pienamente gli ideali della nobiltà conservatrice, il fratello Giacomo rifletté il sofferto patriottismo di una generazione formata nella stagione delle congiure e dei piani rivoluzionari della Giovine Italia. L’antica amicizia con Luigi Napoleone, divenuto Napoleone III imperatore dei francesi, fu certamente decisiva nell’indurlo ad abbandonare i valori repubblicani. Negli anni Cinquanta dell’Ottocento Giacomo non esitò a sposare gli ideali nazionali del Piemonte sabaudo, alleato della Francia in funzione antiaustriaca.

L’estinzione dei Visconti Ajmi, avvenuta nel 1877, segnò una momentanea stagione di declino per il palazzo di via Filodrammatici; una stagione destinata a finire nel 1885 con la nuova proprietà Gnecchi Ruscone. L’immobile fu acquistato da Giuseppina Turati per il figlio Francesco, un raffinato notabile proveniente da una famiglia della ricca borghesia lombarda. Nel 1946 il palazzo divenne sede di Mediobanca.

Banca dati

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Una serie di approfondimenti mirati introduce a una prima esplorazione della straordinaria ricchezza della realtà animata dallo sviluppo delle tradizioni associative nella città di Milano. Ne sono investite l’economia, la società, l’arte, la religione e la cultura, in continuo dialogo tra loro.