La meglio gioventù: le accademie gesuitiche di Brera nei loro emblemi

Alessandro Corsi

La riforma della paideia realizzatasi a Milano per opera dei gesuiti e dei barnabiti a cavallo fra XVI e XVII secolo,è un passaggio imprescindibile per avvicinarsi alla condivisione di quella forma mentis che sostanziava il pensiero degli uomini dell'epoca. L'articolato dipanarsi dei corsi scolastici, che interessavano la piena adolescenza dei giovani milanesi in tutti i momenti della giornata sul modello della Ratio studiorum[1], era plasmato a partire dalla necessità di formare una classe dirigenziale capace di sostenere il peso degli incarichi di governo ed ambire a quella liberalità di pensiero propria della perfezione cristiana, secondo la formula efficacemente riassunta nell'incipit del catalogus lectionum del collegio gesuitico milanese, che recita:
Quod vero ad discipulorum attinet institutionem, ea in primis curabantur diligenter quae ad animos bonis moribus, christianaque religione et pietate informandos pertinet; deinde ut, quam maxime fieri possit, in litterarum studiis progrediantur[2].
(Per quanto di fatto concerne la formazione degli studenti, in primo luogo sono curate attentamente quelle cose, che spettano all'edificazione degli animi per mezzo dei buoni costumi, della pietà e della devozione cristiana; in secondo luogo, per quanto possibile, quelle cose che facciano progredire negli studi delle lettere.)

Nel vivace contesto di una fruizione culturale che vedeva coinvolte le diverse generazioni afferenti alle classi di umanità, retorica, filosofia e teologia del collegio di Brera, l'attività accademica organizzata dalle due Partenie, gli Animosi e gli Arisofi, assume un rilievo di primordine nell'economia del vissuto scolastico quotidiano, andando ad intercettare l'esigenza ed il desiderio di professori e studenti di mettere alla prova le proprie capacità compositive attraverso l'attività teatrale e retorica che si teneva parallelamente alle lezioni.

Tra le numerose iniziative letterarie organizzate dai padri accademici meritano una particolare attenzione le celebrazioni per il conferimento delle lauree dottorali. Non differentemente da quanto accade oggi, il dibattimento della laurea era il momento apicale del cursus studiorum, cui si accedeva solo in seguito alla promozione all'ultimo anno di filosofia. La giornata prevedeva in genere un lauto rinfresco che era reso memorabile dalla recitazione dei carmina in lode del dottorando frutto del lavorio poetico di insegnanti, amici e parenti. Nel caso in cui il festeggiato fosse nel novero di una delle due Partenie, era chiaramente compito dei suoi sodali e degli allievi iscritti ai corsi inferiori di umanità offrire una lettura pubblica dei versi, che in seguito erano riunit iin volumetti graziosamente ornati da numerose incisioni.



[1]
Per una rapida immagine sull'operato dei gesuiti e la formulazione della Ratio, Aa.Vv., I gesuiti e la Ratio studiorum, a cura di M. Hinz-R. Righi-D. Zardin, Bulzoni, Roma 2004; per le scuole Arcimbolde gestite dai barnabiti A. Bianchi, Le Scuole Arcimboldi a Milano nel XVII secolo: professori, studenti, cultura scolastica, «Barnabiti Studi», 18 (2002), pp. 55-78

[2]Catalogus lectionum collegii mediolanensis(1565), in Monumenta historica societatis Iesu. Monumenta pedagogica, cur. L. Lukács, Romae 1974, III, p. 565.