Donne e reti associative

Daniela Bellettati

 

Pur se spesso trascurata nei documenti ufficiali delle associazioni quali regolamenti, statuti e ordinazioni capitolari, la presenza femminile sulla scena confraternale e associativa milanese tra XVII e XVIII secolo rappresenta un importante capitolo di storia urbana ancora da indagare compiutamente. La ricerca avviata in occasione della realizzazione di questo portale ha rivelato significative realtà di aggregazione femminile, alcune ovviamente ricalcate sulle omologhe maschili, altre invece con interessanti caratteristiche peculiari.

Nell'attività associativa femminile si sono rilevate persistenze e novità che si esplicitano nei tradizionali campi delle opere di misericordia - sostegno e assistenza ai poveri, alle donne sole, ai malati e ai carcerati -, in quello devozionale - con particolare riguardo al culto della Vergine - e in quello non nuovo, ma sicuramente di dimensioni inusuali per tutto il Settecento, della pietà verso i defunti.

Anche se molte confraternite cittadine prevedevano periodicamente la distribuzione di generi alimentari o doti in denaro, fin dal XIV secolo il principale supporto ai bisogni degli strati più poveri della popolazione derivava dall'attività dei luoghi pii. Alcuni di essi avevano alla loro origine una base confraternale allargata, che, se pur poco testimoniata dalle fonti, includeva anche le donne. Sicuramente tra XVI e XVII secolo, molte consorelle affiancavano gli uomini nei luoghi pii della Carità nella chiesa Metropolitana, della Carità in San Lorenzo e nella Carità dei vivi e morti in San Nazaro in Brolo. Queste compagnie della Carità facevano diretto riferimento alla creazione, promossa da san Carlo in ogni ambito parrocchiale, di associazioni che si occupassero di sostenere materialmente e moralmente i poveri, gli infermi e tutti coloro che si trovavano in difficoltà, rispettando regole ispirate dall'arcivescovo milanese e di fatto comuni. Le regole della Carità nella Metropolitana prevedevano ad esempio che tutti gli iscritti, senza distinzione di sesso, partecipassero alla congregazione generale che si teneva ogni prima domenica del mese in Duomo, ma che le donne venissero allontanate dalla assemblea al momento di discutere e affrontare i problemi della parrocchia. Alle consorelle, con adeguata esperienza e irreprensibile condotta, si demandava però in ogni caso l'assistenza alle donne bisognose, incluse inferme, puerpere, vedove, giovani senza sostegno familiare, e l'istruzione ai precetti della religione cristiana per le fanciulle nelle scuole della Dottrina Cristiana.

Anche il luogo pio di Santa Caterina in Santo Stefano in Brolo includeva una componente femminile, segnalata dalla predisposizione nella chiesa di due sepolcri distinti, uno per gli uomini e uno per le donne, e da una tavola cinquecentesca raffigurante santa Caterina d'Alessandria e santa Caterina da Siena che accolgono sotto i loro manti confratelli e consorelle inginocchiati. La pala, un tempo posta sull'altare della confraternita, è ora conservata presso la sacrestia della chiesa.

Confraternite di genere misto operavano, raccogliendo fondi, per il riscatto degli cristiani caduti in schiavitù nelle mani degli infedeli; altre si adoperavano nell'assistenza ai malati, come la Congregazione della Carità in San Babila. Quest'ultima, fondata nel 1755, assicurava carità spirituale e corporale a domicilio agli infermi cronici e incurabili per i quali non era possibile il ricovero in ospedale. La confraternita era amministrata da una consulta di composizione maschile; restavano affidate alle donne, come  nelle Carità fondate nella seconda metà del Cinquecento, la vigilanza e l'assistenza diretta al malato, come la pulizia e il cambio della biancheria, a precorrere una sorta di moderna funzione infermieristica.

Uomini e donne erano frequentemente affiancati nelle associazioni dedicate al culto di Gesù, della Madonna e dei Santi. Se la direzione era di norma affidata agli uomini, si costituivano però sezioni femminili relativamente indipendenti come l'Unione della Candela, il nucleo femminile della Scuola della Beata Vergine dell'Abito in S. Maria del Carmine. Distinta dalla componente maschile dei Portantini, che aveva il compito di sorreggere il simulacro della Vergine durante le processioni, l'Unione si distingueva per la consuetudine di accompagnare la sfilata di luglio per la festa della Madonna del Carmine con un cero acceso per ciascuna iscritta. La compagnia femminile aveva proprie ufficiali, scelte tra le iscritte dal capitolo dei deputati, che governava tutta la confraternita, sia nel ramo maschile che in quello femminile. Alla metà del '700 la preponderanza numerica era senza dubbio per l'Unione della candela che contava 70 iscritte a fronte dei 34 confratelli Portantini.

Esistevano anche scuole esclusivamente femminili dedicate alla Vergine secondo diverse intitolazioni: la Madonna dei Sette Dolori, le Compagnie della Corona, le Serve della Beata Vergine, la Madonna col Bambino, l'Immacolata e la Madonna dell'Aiuto, alcune legate anche a immagini miracolose. Queste associazioni erano governate di solito da un capitolo di consorelle, con le tradizionali cariche di priora, vicepriora, cancelliera, maestra, tesoriera, ma con la tutela amministrativa e spirituale del parroco o degli altri religiosi della chiesa.

Anche le adunanze per il suffragio dei defunti e i numerosi consorzi funerari che sorsero nei primi decenni del Settecento potevano contare su una vasta presenza femminile. La devozione di uomini e donne si concentrava in quegli anni sul problema della morte proponendo, con la fondazione dei consorzi funerari, sia sollievo dei supplizi per le anime del purgatorio - attraverso le preghiere dei vivi - che la possibilità, per gli iscritti, di godere di un dignitoso funerale, talvolta anche di un sepolcro in una chiesa prestigiosa. L'associazione avveniva con il versamento di una tassa di iscrizione e di un contributo annuale che variava in proporzione all'età (più basso per i giovani e più alto per gli anziani, che presumibilmente avrebbero contribuito per un numero inferiore di anni) ed erano rateabili mensilmente. Si poteva essere associati alla confraternita senza pagare la quota funeraria, limitandosi a partecipare alle orazioni pro anima dei confratelli e di tutti i defunti. Il pagamento della tassa associativa completa garantiva anche la celebrazione di funerali e le preghiere dei defunti "senza incomodi, né spese dei dolenti".

Nelle associazioni miste, la separazione tra confratelli e consorelle era netta, perfino nella sistemazione in due sepolcri differenti. In ogni caso, anche se esclusa dalla gestione di questi consorzi, la componente femminile era molto consistente e rappresentava una buona entrata per le casse confraternali, che accumulavano quote d'ingresso e rate mensili.

Alcuni consorzi funerari avevano composizione esclusivamente femminile, ma ricalcavano nei tratti principali quelli maschili e misti. Se la direzione del sodalizio era formalmente affidata alle donne, il controllo economico e morale delle consorziate spettava al parroco, ai canonici e più in generale ai rettori delle chiese dove avevano sede le singole istituzioni.

 

[nell'immagine: Pittore lombardo, Santa Caterina d'Alessandria e Santa Caterina da Siena, Milano, chiesa di Santo Stefano Maggiore]