Santi Rocco e Vittore nella Metropolitana (ante 1485 - 1784)

Servizio Archivio e Beni Culturali, ASP Golgi-Redaelli, Milano

 

Origine

Il 21 novembre 1485 il duca di Milano Gian Galeazzo Sforza rilasciava un diploma con il quale approvava gli statuti e l’erezione della Confraternita o Scuola di San Rocco presso la nuova chiesa di Santa Tecla, edificata a partire dal 1481 in sostituzione di quella originaria che era stata abbattuta nel 1461 per lasciare spazio alla fabbrica del Duomo. Il sodalizio doveva essersi formato già da qualche tempo se nel suo testamento redatto l’11 febbraio 1485 Caterina Affori, vedova del commerciante di pelli Paolo Busca, stabiliva un legato di quindici fiorini annui per la celebrazione di messe a favore della “Scolla Sancti Rochi in Sancta Tecla”, chiedendo inoltre di essere sepolta presso l’altare della medesima scuola e di utilizzare parte delle sue rendite “pro reparatione et utilitate capelle Sancti Rochi”. Dal silenzio delle fonti circa l’esistenza di una confraternita dedicata a San Rocco nella primitiva chiesa di Santa Tecla, si può supporre che la sua fondazione non possa ritenersi anteriore al 1481.

I primi quarant’anni di vita furono fondamentali per la confraternita, che il 12 febbraio 1513 ottenne la concessione dei privilegi già attribuiti ai luoghi pii più importanti dal governo ducale. Nel 1524 il patrimonio immobiliare dell’ente era già stato interamente costituito: si trattava di case e botteghe ubicate entro delle mura cittadine e di fondi agricoli posti nei territori di Monza, Pandino e Rivolta d’Adda. Gli amministratori della scuola non si limitarono alla gestione delle rendite provenienti dagli affitti ma si adoperarono per costituire capitali da reinvestire in attività finanziarie mediante l’acquisto di cartelle del Banco di Sant’Ambrogio e la concessione di prestiti a privati. Gli scolari si riunivano nel piccolo oratorio di San Vittorello (o San Vittore) – situato nella contrada degli Zupponari o Giupponari –, dove erano soliti far celebrare anche le funzioni e gli offici divini disposti da alcuni testatori. Tale pratica continuò almeno fino al 1511, quando ne fu imposta la cessazione per ordine del vicario generale dell’arcivescovo di Milano in quanto l’oratorio non era un luogo consacrato. Il divieto non dovette però modificare di molto le abitudini degli scolari, tanto che Giovanni Antonio Incino nel 1512, nominando erede universale la Scuola di San Rocco, disponeva di utilizzare i proventi della vendita dei propri arredi e vestiti per dotare l’oratorio di San Vittorello, dove desiderava essere seppellito.

A partire dal 1548, a causa della demolizione della seconda chiesa di Santa Tecla, gli scolari fecero effettuare dei lavori di manutenzione e di miglioria nell’oratorio di San Vittorello dove trasferirono la propria sede, per la quale ottennero l’approvazione pontificia già nel 1549, confermata dal cardinale e penitenziere maggiore Ranuccio Farnese nel 1553. Lo spostamento in San Vittorello ebbe però breve durata: in seguito al sopralluogo effettuato nel 1575 dal visitatore apostolico Gerolamo Ragazzoni, l’oratorio fu infatti dichiarato non adatto al culto perché inserito in una struttura abitativa laica, ubicata in una zona urbana dedicata al commercio. Nel 1580 Carlo Borromeo impose il trasloco della scuola nel Duomo di Milano, presso l’altare della Madonna del Coazzone al quale faceva capo anche la Scuola di Santa Maria della Neve, innescando un’accesa conflittualità fra i due sodalizi, mantenutasi anche dopo il trasporto di entrambe le confraternite presso un vicino altare (quello ora dedicato alla Virgo potens). L’altare, come la scuola, prese allora il nome dei santi Rocco e Vittore, con l’intento di commemorare anche il santo cui era dedicato l’oratorio che aveva ospitato la Scuola di San Rocco per trent’anni. Nel 1581 l’edificio di San Vittorello venne sconsacrato e la scuola, dopo averlo dapprima affittato, finì per venderlo nel 1595.

Finalità

Il progressivo accrescimento del patrimonio grazie a donazioni e lasciti testamentari consentì di ampliare le finalità del luogo pio, che dalle pratiche cultuali si estesero a quelle elemosiniere, con la distribuzione di generi alimentari a individui e famiglie in stato di necessità e di doti a povere nubende. L’erogazione dei sussidi avveniva abitualmente nelle ricorrenze della Pentecoste e di san Tommaso apostolo ma, in caso di avanzo di disponibilità, era prevista la possibilità di elargizioni straordinarie a discrezione dei deputati.

Struttura organizzativa e statuti

L’assetto amministrativo dell’ente era andato precisandosi e stabilizzandosi nel corso del Cinquecento. In origine la confraternita era composta da trentotto membri, organizzati in un capitolo governato da un priore affiancato da quattro consiglieri, due sindaci e un cancelliere, la cui carica durava sei mesi, rinnovabili per altrettante mensilità. Nel 1566 si provvide alla rifondazione della “Schola di Sancto Rocco già in S. Tegla et hora in Sancto Victorello de Milano” con la stesura di nuovi statuti: da quel momento l’ente venne amministrato da un capitolo composto da dodici deputati, tra i quali erano scelti un priore, un vice priore, un tesoriere e due sindaci. Gli uffici di custode, chierico, notaio e cancelliere venivano invece affidati a persone esterne al capitolo e stipendiate. I nuovi statuti stabilirono che il capitolo si riunisse “dopo il desinare a hora ragionevole delle ultime domeniche di febraro, aprile, giugno, agosto, ottobre et decembre”, in luogo della consueta riunione settimanale fissata dagli statuti del 1485.

La nuova forma amministrativa impressa all’ente rifletteva un cambiamento sostanziale: non si trattava più di un consistente gruppo di persone che “pro eorum singolari devotione, quam ad Deum et ad Sanctum Rochum gerunt, deliberaverunt facere quendam confraternitatem et seu scholam sub nomine Sancti Rochi”, ma di una associazione elemosiniera strutturalmente organizzata. Gli Statuti subirono alcune lievi modifiche nel 1584 e due ulteriori, significativi aggiornamenti nel 1625 e nel 1643: essi mostrano un progressivo irrigidimento dell’organizzazione interna della Scuola, ottenuto anche mediante il rafforzamento dell’autorità del priore, in concomitanza con il verificarsi di un processo di chiusura aristocratica. Nel corso del Settecento furono infatti le grandi famiglie patrizie milanesi dei Besozzi, Croce, Lampugnani, Parravicini e Rescalli ad avvicendarsi alla guida del luogo pio.

Sede

Il luogo pio non aveva una vera e propria casa capitolare: dopo il trasferimento in Duomo le riunioni si tenevano nell’abitazione di qualche deputato e solo al principio del XVIII secolo fu preso in affitto un locale presso le Scuole Taverna. Tuttavia già nel 1765 il capitolo era costretto a ripiegare altrove ottenendo due sale dal monastero dei Santi Cosma e Damiano, mentre a partire dal 1781 il capitolo tornò a radunarsi nelle case degli stessi deputati.

Soppressione

L’ente elemosiniero fu aggregato al Luogo Pio delle Quattro Marie nel 1784.

 

[nell'immagine: Regole per l'assegnazione delle doti, 1738]